venerdì, Marzo 29, 2024
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Emergenze, road map subito: l’editoriale del Presidente CNGeGL Maurizio Savoncelli

In Italia, paese bello e fragile, si registra un’emergenza al giorno. Tali sono i fenomeni riconducibili al rischio meteorologico, come per esempio piogge intense o venti forti

Emergenze: l’editoriale del Presidente CNGeGL Maurizio Savoncelli
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In un’editoriale a sua firma e pubblicato pochi giorni fa dal quotidiano economico – finanziario “Italia Oggi”, il Presidente CNGeGL Maurizio Savoncelli intervista e professioni tecniche pronte a sostenere un piano di messa in sicurezza del territorio spiega come i Geometri, insieme agli altri professionisti tecnici riuniti nella Rete delle Professioni Tecniche, siano pronti a costruire la più ampia e aggiornata mappa del rischio a livello nazionale, a valutare le condizioni di sicurezza del territorio e delle popolazioni, a monitorare, prevenire e fronteggiare rischi di varia natura, a operare per la salvaguardia delle infrastrutture e del costruito

In Italia, paese bello e fragile, si registra un’emergenza al giorno. Tali sono i fenomeni riconducibili al rischio meteorologico, come per esempio piogge intense o venti forti; al rischio idraulico, come eventi alluvionali o il superamento dei livelli idrometrici critici; al rischio idrogeologico, come frane, alluvioni, erosioni costiere, valanghe, subsidenze. E ancora: i fenomeni riconducibili al rischio sismico, al rischio incendi e, seppure discussi in modo colpevolmente secondario, al rischio vulcanico e a quello sanitario, quest’ultimo dovuto alle conseguenze delle ondate di calore o freddo intenso.

La forza evocativa di questo elenco (impossibile non andare col pensiero alle undici regioni italiane colpite dal maltempo delle scorse settimane, alle vittime, ai territori devastati, al tessuto economico ferito) rende definitivamente evidente la realtà: il nostro Paese non è più in grado di reggere una situazione di emergenza, laddove questa è divenuta paradossalmente il suo contrario, ossia la normalità. Il lessico famigliare di un’intera nazione sembra ormai popolato da termini quali «allerta meteo», «stato di calamità naturale», «popolazioni evacuate», «risarcimento danni», «aziende danneggiate», «famiglie sfollate».

In questo scenario, a un tempo drammatico e sottovalutato, chiunque abbia conoscenze e competenze adeguate deve assumere la responsabilità di fare la propria parte per evitare che l’emergenza (ripeto: divenuta normalità) diventi ingovernabile; la proposta che la Categoria avanza in questa sede, in virtù dello status riconosciuto ai geometri di «sentinelle del territorio», è una road map utile a definire i passi necessari per intraprendere un percorso di manutenzione e messa in sicurezza del territorio a livello nazionale, da tempo invocato dalle professioni tecniche.

Il primo passo in questa direzione è procedere a una lettura del territorio nella sua configurazione attuale, che consenta l’analisi e la valutazione delle dinamiche e delle variabili in essere di natura climatica, idraulica e idrogeologica, che tanta parte hanno nel condizionare l’assetto economico e sociale di vaste zone del Paese. Come denunciamo da tempo, i dati di cui disponiamo fanno riferimento all’Italia di cento anni addietro, immaginata e costruita in base a principi, norme tecniche, metodologie e parametri costruttivi evidentemente non più attuali e, soprattutto, incapaci di rispondere in maniera adeguata agli impressionanti cambiamenti di natura ambientale, climatica, economica e sociale in atto in Italia (e nel resto del mondo), e che costantemente modificano la fisionomia urbana e rurale. Gli strumenti che la tecnologia mette a disposizione delle professioni tecniche sono i migliori alleati di questo percorso di aggiornamento delle informazioni, viatico necessario e ineludibile per attivare un piano nazionale di manutenzione e messa in sicurezza del territorio che rappresenti la più autentica e intelligente forma di prevenzione, perché consentirebbe di evitare che ingenti somme di denaro siano spese esclusivamente per fronteggiare l’emergenza, risultando così stanziamenti in alcun modo legati a una visione, a un progetto di lungo periodo.

Il secondo passo è la costituzione di una cabina di regia incaricata di redigere un piano straordinario di manutenzione e messa in sicurezza del territorio. Insisto sull’aggettivo «straordinario» per due motivi, strettamente collegati tra loro. Il primo rimanda al suo significato letterale, ossia «fuori dal consueto», perché è di questo che l’Italia ha bisogno: interventi in totale discontinuità con l’agire ordinario che prevede, appunto, che l’emergenza sia affrontata con la provvisorietà. Prendiamo, per esempio, il modus operandi in presenza di un evento alluvionale: prima una grande mobilitazione per mettere in salvo le persone, gli animali, le abitazioni, le strutture e le attrezzatura, poi la chiusura di una strada con la consueta posa di new jersey o altri blocchi di cemento. E poi? Poi il paradosso di una perenne provvisorietà, con il risultato di un depauperamento di una parte significativa del sistema infrastrutturale, che per lungo tempo ha rappresentato il fiore all’occhiello nazionale. Oggi, purtroppo, l’Italia non può più vantare reti stradali e autostradali sicure, moderne ed efficaci, e sappiamo bene quanto la mobilità delle persone e delle merci sia una leva strategica di sviluppo sociale e crescita economica.

Il secondo motivo di insistenza rimanda alla sua valenza simbolica, in assonanza con interventi del passato di cui oggi leggiamo nei libri di storia: il piano «Ina casa» lanciato nel 1949 da Amintore Fanfani, all’epoca ministro della Previdenza sociale del Governo Saragat, finalizzato a rispondere all’emergenza abitativa esplosa all’indomani della fine della seconda guerra mondiale, capace di realizzare due milioni di alloggi popolari; il «piano Marshall» (European Recovery Program), varato dagli Stati Uniti nel 1948 per portare aiuto all’Europa devastata dalla guerra attraverso la ricostruzione materiale delle zone distrutte, la modernizzazione industriale, la rimozione delle barriere commerciali. Ebbene, si è davvero così lontani dalla realtà affermando che l’esigenza abitativa ed economica di ieri è l’esigenza di messa in sicurezza del territorio di oggi? Personalmente credo di no.

Ma torniamo alla cabina di regia, la cui prerogativa fondamentale deve essere una composizione eterogenea, multi e interdisciplinare, nella quale siano coinvolti non solo gli alti saperi o le strutture ministeriali, ma tutti coloro che possono avere un ruolo operativo in questo grande progetto nazionale. Una cabina di regia disponibile all’ascolto e capace di fare velocemente sintesi dei vari apporti, nella consapevolezza che il fattore tempo è fondamentale per scongiurare danni e disastri.
Il terzo e ultimo passo è «fare squadra» ed esercitare un pressing virtuoso sul Governo e sul Parlamento chiedendo di inserire tra le priorità in agenda la definizione di una vera e propria politica del territorio, sino a oggi residuale se non proprio assente.

Occorre, a mio avviso, fare partire il dialogo tra chi ha la responsabilità istituzionale e chi le competenze tecniche, con l’obiettivo comune di adottare, nel più breve tempo possibile, provvedimenti adeguati e concreti, grazie ai quali affrontare in maniera strutturale le criticità del territorio, sostantivo «ombrello» che ne racchiude tanti altri: il mare che sempre più frequentemente riprende il suo spazio, come accade a Portofino, il paese tornato a essere un’isola; i fiumi che sempre più spesso straripano, anche in città: è accaduto a Torino, dove le acque del Po hanno sommerso il lungofiume dei Murazzi; le colline, sempre più esposte a stati di pericolosità e rischio frane a causa del terreno fortemente imbibito e assoggettato a fenomeni di scioglimento; i terreni spopolati e abbandonati, privi ormai di controllo sociale e con esso di argini contro il degrado e il dissesto. E, naturalmente, il costruito e le infrastrutture ormai obsolete: non è fuori luogo ricordare i terremoti che hanno colpito l’Aquila, le regioni del Centro Italia, Ischia, e l’immane tragedia causata dal crollo del ponte Morandi, a Genova.

In conclusione: i problemi sono noti, ma anche le soluzioni. Come i Geometri e come Rete delle Professioni Tecniche le abbiamo individuate e declinate in percorsi metodologici e operativi finalizzati a costruire la più ampia e aggiornata mappa del rischio a livello nazionale, a valutare le condizioni di sicurezza del territorio (nella sua accezione più ampia) e delle popolazioni; a monitorare, prevenire e fronteggiare rischi di varia natura; a operare, ciascuno per le proprie competenze, per la salvaguardia delle infrastrutture e del costruito. Al Governo Conte e al Parlamento, noi professionisti chiediamo di essere ascoltati.

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