Annullamento titolo edilizio: il Comune non può agire senza interesse pubblico
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa chiarisce i limiti dell’annullamento in autotutela del titolo edilizio, richiamando il rispetto del principio di proporzionalità.

Nel panorama normativo che regola l’attività edilizia, uno dei temi più delicati è rappresentato dall’annullamento in autotutela del titolo edilizio da parte della pubblica amministrazione. Spesso, infatti, le difformità riscontrate a lavori ultimati pongono gli enti locali di fronte a scelte complesse: intervenire con un semplice ordine di ripristino o procedere con la revoca integrale del titolo abilitativo? La giurisprudenza amministrativa, in costante evoluzione, fornisce chiarimenti fondamentali per i professionisti del settore tecnico chiamati a interpretare e applicare correttamente la normativa urbanistica e paesaggistica. La recente sentenza n. 447/2025 del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana costituisce un importante riferimento in materia, ribadendo i limiti oggettivi e i presupposti giuridici che devono guidare ogni intervento in autotutela da parte delle amministrazioni comunali.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa chiarisce i limiti dell’annullamento in autotutela del titolo edilizio, richiamando il rispetto del principio di proporzionalità.
Nel contesto dell’attività edilizia, il potere di annullamento in autotutela di un titolo abilitativo costituisce uno strumento delicato che le amministrazioni comunali devono utilizzare nel rispetto di rigorosi presupposti giuridici. La recente sentenza n. 447/2025 del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana (CGARS) interviene su una questione particolarmente rilevante per i tecnici del settore, in particolare per i geometri, spesso coinvolti nella redazione di pratiche edilizie e nella consulenza in caso di contenzioso.
Il caso
Il caso trae origine da un permesso di costruire rilasciato nel 2012 dal Comune di Palma di Montechiaro, relativo alla ristrutturazione di un immobile vincolato. Il titolo edilizio subordinava l’esecuzione degli interventi al rispetto dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata dalla Soprintendenza di Agrigento. I lavori si sono conclusi nel 2014, ma nel 2015, in seguito a un sopralluogo, l’ente accertava difformità rispetto all’autorizzazione paesaggistica.
La decisione dell’amministrazione Comunale
Sulla base di tale rilevazione, l’amministrazione procedeva con l’annullamento in autotutela dell’intero permesso, ritenendolo illegittimo per violazione delle condizioni imposte. I proprietari dell’immobile impugnavano il provvedimento, sostenendo l’eccessiva severità dell’azione amministrativa e invocando il principio di proporzionalità, in quanto il Comune avrebbe potuto intervenire esclusivamente sulle opere abusive, senza incidere sull’intero titolo.
La decisione del TAR Sicilia
Il Tar Sicilia, in primo grado, respingeva il ricorso. Ma in appello, il CGARS ha ribaltato la decisione. I giudici amministrativi di secondo grado hanno affermato che, in assenza di un interesse pubblico attuale e concreto, l’annullamento del titolo rilasciato non può essere esercitato validamente. Infatti, l’art. 21-nonies della Legge 241/1990, che disciplina l’autotutela decisoria, richiede che l’amministrazione provi la sussistenza di ragioni di interesse pubblico, la non decorrenza di un termine eccessivo e soprattutto la mancanza di un legittimo affidamento consolidato da parte del destinatario.
Motivazioni del Tar Sicilia
Nel caso di specie, il permesso di costruire era formalmente corretto al momento del rilascio. Le difformità rilevate nel 2015 non inficiano ex tunc il titolo, ma integrano un abuso edilizio parziale che andava sanzionato con strumenti diversi: ordine di demolizione parziale, sanzione pecuniaria (ove previsto), o eventualmente accertamento di conformità ex art. 36 del D.P.R. 380/2001, se vi fossero i presupposti.
Secondo la pronuncia del CGARS, dunque, il titolo edilizio rilasciato resta valido ed efficace, e l’amministrazione conserva il potere di reprimere l’abuso edilizio mediante provvedimenti puntuali, senza ricorrere all’annullamento in autotutela se non nei casi eccezionali in cui l’illegittimità del provvedimento sia evidente e vi sia un interesse pubblico prevalente e attuale alla rimozione dell’atto.
Questa sentenza assume particolare rilevanza per i professionisti tecnici: per i geometri, in particolare, risulta fondamentale comprendere che l’esistenza di difformità paesaggistiche non equivale automaticamente a illegittimità del permesso edilizio. Inoltre, la valutazione dell’interesse pubblico e del principio di proporzionalità deve precedere ogni iniziativa in autotutela. Anche in caso di rilievi della Soprintendenza o di controlli a posteriori, il Comune non può procedere indiscriminatamente con provvedimenti ablatori, ma deve motivare adeguatamente le proprie decisioni e optare per il minor sacrificio possibile a danno del destinatario del titolo.
Cosa sancisce la sentenza?
In sintesi, la sentenza stabilisce tre principi chiave:
- Il titolo edilizio rilasciato resta legittimo se l’illegittimità non è originaria, ma dipende da una violazione successiva di prescrizioni.
- L’annullamento in autotutela è ammissibile solo se sussiste un interesse pubblico attuale e prevalente.
- Il Comune può e deve intervenire per reprimere l’abuso, ma con strumenti proporzionati e puntuali, come l’ordine di demolizione.
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